Francesco Carlucci, in questa sua composizione, riscrive l’incontro di Miranda e Ferdinando, abbinandolo al momento fondamentale della perdita dell’innocenza di Adamo ed Eva nella Genesi, nell’ottica del corso I drammi romanzeschi di Shakespeare I e II: Pericle, Cimbelino, Il racconto d’inverno e La tempesta, Letterature comparate B, mod. 1 e 2, prof.ssa Chiara Lombardi.
Una sorta di poesia in prosa. Il componimento si ispira al passo del libro della Genesi in cui Adamo ed Eva assaggiano la mela. Il parallelismo sta nella perdita dell’innocenza di Miranda e Ferdinando, che disobbediscono così al volere di Prospero, che impone le sue leggi sui giovani e come Dio è in grado di scatenare disastri naturali per mezzo delle sue abilità magiche. Calibano si fa serpente tentatore, i protagonisti scegliendo di non rispettare il volere dell’ex Duca di Milano affermano la propria presenza nel mondo, come Adamo ed Eva dopo aver mangiato il frutto del peccato.
Da leggere ascoltando l’album Blue di Johni Mitchell.
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Il sole è alto nel cielo azzurro, ma le prime nuvole rosate fanno intendere che il suo splendore è destinato a durare ancora per poco. Il mare, dopo i tumulti del pomeriggio, è tornato immobile come fosse ricoperto di ghiaccio. Sulla sabbia ocra s’alza una grotta, nello stesso modo in cui una chiesa interrompe l’asfalto di una piccola piazza di provincia. All’interno, alcuni tronchi accumulati, mentre altri ancora attendono sparsi. Ferdinando e Miranda si stanno guardando. Le vesti sono a terra, hanno appena violato i loro corpi, disobbedendo al volere di Prospero, padre di Miranda. Le membra di entrambi sono giovani e forti, la loro pelle è del tessuto più fine, le loro iridi sono smeraldi che brillano nell’oscurità della grotta. Passa un istante e subito si riabbracciano, chiudono gli occhi e attendono, forse sognano. Entrambi sanno che l’ira di Prospero si abbatterebbe su di loro, nello stesso modo in cui la Tempesta di quello stesso giorno ha reso naufrago Ferdinando, se solo venisse a sapere, ma si cullano ignari, e si accarezzano felici, incuranti del loro futuro, finalmente consci del loro esistere, stare e trovarsi in un determinato luogo del mondo, in un dato momento della linea del tempo. Adesso sono sporchi di sabbia e bagnati di sudore, sensibili, materiali, quasi si ripugnano dello stato in cui si trovano, selvaggio, irrazionale, ma quel piccolo anfratto di universo appare loro più vicino di quanto non lo sia mai stato, come se passasse attraverso una lente di ingrandimento, e ancora non sanno maneggiare questo nuovo potere acquisito, le loro gambe ne tremano al solo pensiero. Già Calibano, un orrendo mostro, figlio della maga Sicorace, e padrone dell’isola prima dell’arrivo degli uomini, aveva provato a violare la purezza di Miranda, in passato, e subito era stato punito da Prospero, soggiogato a schiavo, come Ulisse mandato all’Inferno per aver provato a superare i confini della Terra. Quell’evento, sconvolgente per Miranda, le aveva presentato una nuova realtà, quella del male, dell’illecito, della tentazione, che si era fatta irresistibile quando il suo sguardo ha incontrato per la prima volta quello di Ferdinando. Come davanti ad un frutto ben maturo, l’impeto di Miranda si è scagliato su di Ferdinando, sono caduti insieme nel terreno del mondo, e per sempre hanno perso la loro innocenza. Hanno assaporato il male, ed è solo dopo averlo fatto che hanno potuto apprendere il bene. Non è questo l’unico modo per conoscere ciò che ci muove? Non è forse questa voglia di scoprire che conduce l’essere umano in universi sconosciuti? Non è solo macchiandosi le mani di terra o di sangue che i nostri padri e i padri dei nostri padri hanno costruito quello che siamo? Non è tutto questo che ci rende consapevoli della nostra caducità, della nostra insignificanza, del nostro grande limite, della nostra fine? E non è sempre in relazione ad essa, al nostro tempo contato, che veniamo alimentati? I due fanciulli riaprono le palpebre. Ferdinando si alza, le sue gambe gli sembrano più forti, la sua schiena più dritta, per la prima volta ha controllo totale dei movimenti, e ogni passo pesa come se delle catene fossero legate alle sue caviglie. Non vuole sprecarne neanche uno. Si volta verso Miranda e gli sembra che tutte le cose vertano verso di lei e ne escano nuove, è sicuro che sia la madre di tutte le creature, emana vibrazioni che incensano la grotta, gli appannano la vista. Il dolce suono del flauto di Ariel sulla riva si muove verso di loro come un serpente che si snoda nell’aria, li raggiunge e poi evapora. Il sudore sulla fronte di Ferdinando è asciutto, il dolore di Miranda è un ricordo lontano che muore nell’indeterminatezza del passato e si confonde con il presente. Il cielo ora è rosso come le tende di un sipario che si chiudono su di loro e il mare si ritira per la notte indossando l’abito nero. L’estasi del sonno ha quasi abbandonato i corpi dei due fanciulli, lasciando sui loro volti i segni evidenti del suo passaggio. Ora sono desti, la loro vista è più acuta, i sensi si moltiplicano, il buio invade lo spazio come un’onda di tempesta che si prepara ad inghiottirli e imprigionarli negli abissi profondi, i loro polmoni cercano aria nuova da inalare, i loro cuori iniziano a battere come tamburi africani, rimbombano nelle tempie, il ritmo si fa incessante. Nuove percussioni si aggiungono alla danza, i passi di Prospero aumentano di volume all’avvicinarsi del suo incedere.
Bibliografia
W. Shakespeare, The Winter’s Tale, in Id., Tutte le opere. IV – Tragicommedie, drammi romanzeschi, sonetti, poemi, poesie occasionali, a cura di F. Marenco, Milano, Bompiani, 2019
La Bibbia, Nuova versione dai testi antichi, Genesi, Milano, Edizioni San Paolo, 1° edizione settembre 2014.