Archivi categoria: Riscritture

The Witches’ Hat. Ultima notte a Glasgow

Linda Demichelis, in questa sua riscrittura, racconta le paure di una giovane protagonista nella sua ultima notte d’Erasmus in Scozia, terra del Macbeth. Realizzato nell’ottica del corso Letterature Comparate b, Verità e coscienza. Narrativa, poesia, teatro (Prof.ssa Chiara Lombardi)

“In questo racconto, l’ultima notte d’Erasmus in Scozia di una giovane studentessa si trasforma in una piccola odissea urbana al confine fra incubo e realtà. La città di Glasgow trascina Viola in un viaggio introspettivo guidato dall’enigmatica narrazione in versi di due Weird Sisters shakespeariane alla ricerca di una nuova sorella. Poesia narrativa, prosa e teatro si fondono per dare voce alle paure più profonde di una giovane adulta divisa fra il desiderio di fermare il tempo e l’inevitabile spinta verso il futuro, in una riflessione onirica su scelte, crescita e identità”.

*

Era solo giovedì sera, ma al Doublet Bar c’era aria di festa.
Il Doublet era il pub che i tifosi del Patrick Thistle avevano adottato per la Scottish Cup di quell’anno. Non avevano alcuna possibilità di vittoria contro la capolista, ma la sala con il grande schermo esplodeva ai boati di rabbia per i rigori assegnati ingiustamente, e di sorpresa per le reti mancate, che spesso coprivano gli sforzi musicali del giovane chitarrista di turno nella sala accanto. Ma quella sera, contro ogni aspettativa, il Patrick Thistle aveva messo a segno un goal insperato, che contava tanto quanto una vittoria in piena regola.
Il Doublet era esploso in ruggiti di gioia che si erano uniti ai festeggiamenti del club universitario di teatro shakespeariano, che celebrava il successo dell’ultimo spettacolo della stagione accademica. I veterani brindavano a quello che sarebbe stato l’ultimo allestimento della loro carriera universitaria, i freshmen al primo di una lunga serie.
Viola, la sola studentessa internazionale del gruppo, festeggiava l’unico.
Solo qualche ora prima era stata una Weird Sister sul palcoscenico del Cottiers, uno dei teatri più frequentati della città. Poche ore più tardi avrebbe dovuto imbarcarsi sul volo per tornare a casa, poco meno di un anno dopo essere atterrata a Glasgow.
«Viola! Viola, come closer! I loved you on stage tonight, girl! How would you say in Italian tomorrow, and tomorrow, and tomorrow?» urlò Steph.
«I think it would be something like domani, e domani, e domani». Steph annuì ridendo, fingendo di aver sentito.

Domani.

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Oltre la follia

Anita Mercatili, in questo brano teatrale, riscrive l’ Amleto di Shakespeare ambientandolo in un contesto contemporaneo all’interno di una seduta di psicoanalisi, che si colloca nel momento in cui Amleto si trova in uno stato di immobilità d’azione, in bilico tra l’agire per vendicare il padre o meno; realizzato nell’ottica del corso di Letterature comparate, Le forme del sonetto: da Petrarca a Shakespeare (Prof.ssa Chiara Lombardi).

“In questa mia riscrittura ho voluto far spiegare da Amleto stesso la sua follia e le ragioni che stanno alla sua base. Un Amleto moderno che si lascia analizzare in una seduta psicoanalitica, e che riporta i suoi monologhi sotto forma di flusso di pensiero e di racconto di un sogno rivelatore delle sue emozioni. 

*

Studio dell’analista.

Amleto suona il campanello. L’analista apre la porta invitandolo con un gesto ad entrare. Amleto entra nello studio con passo svelto, lo sguardo perso. Si siede di fronte alla scrivania.


AMLETO: Ho fatto un sogno questa notte dottore, un sogno strano, di quelli che la mattina fan rivoltare gli intestini, intendo.

PSICOANALISTA: Vuole raccontarmelo?

AMLETO: Certo, sì… Ero nella mia vecchia casa d’infanzia, non so se gliene ho mai parlato.
Era una bella casa, quella, non come questa di ora dove ogni oggetto sembra rovesciato, al posto sbagliato, quasi tradisca la posizione che gli era desinata.
Insomma, quella sì che era bella ecco, luminosa, profumata dai gigli in fiore in primavera e scaldata dal camino in inverno, candida nei colori, satura di voci.
Ero solo in salotto, mia madre mi chiamava dalla sua camera chiedendomi di aiutarla a rifare il letto.

PSICOANALISTA: Ha idea di quanti anni avesse lei nel sogno?

AMLETO: Non so, credo avessi l’età di ora. Sentivo quasi che quello in cui stavo vivendo fosse semplicemente un mondo possibile, un modo diverso in cui potevano stare le cose ecco.

PSICOANALISTA: (Prende nota su un quaderno) Prego, continui pure.

AMLETO: Insomma, salgo le scale per raggiungere mia madre, la aiuto a mettere il coprimaterasso, le lenzuola, la coperta estiva e le federe. Pieghiamo i pigiami da riporre sotto i cuscini, io quello di papà, lei il suo.
Accade, però, che io mi addormenti a terra una volta finito il lavoro e che mia madre mi lasci lì a riposare.

PSICOANALISTA: Mi perdoni la domanda, ma come mai a terra?

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Properata retexite fata! La catabasi di Romeo

Chiara Giordano, in questa sua composizione, immagina ciò che accade a Romeo dal momento in cui decide di morire per poter rivedere e amare, almeno negli Inferi, la sua Giulietta,  nell’ottica del corso di Letterature comparate, Shakespeare e il paesaggio culturale italiano (Prof.ssa Chiara Lombardi)

“Cosa accade nel lasso di tempo tra la morte di Romeo e quella di Giulietta? Nella speranza di riconciliarsi alla sua amata attraverso la morte, il giovane Montecchi discende agli Inferi come Orfeo alla ricerca di Euridice. In modo differente, certo. Romeo, infatti, si è ucciso a causa dell’erronea convinzione della morte di Giulietta; Orfeo, invece, tenta da vivo di riportare alla luce la donna che ama. Mentre quello del cantore tracio è un percorso all’insegna della disperazione e di un sogno realizzabile, quello di Romeo si configura come un viaggio altrettanto disperato ma avente come meta una tragica e macabra consapevolezza.”

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[Romeo, ormai più speranzoso che afflitto, viene condotto attraverso le acque dello Stige su una barca colma di corpi inconsistenti e volti anonimi, senza scorgere la ragione della sua vita e della sua morte]

Romeo
Non più sole, non più luce e vampa investono il mio cammino. Chi son io, pellegrino privo d’una sacra meta? Accendi, mia dolce nemica in vita, una lampada che rischiari le tenebre, non lasciare che mi perda tra i flutti di questa tempesta. Come sono asceso verso il tuo proibito amore, nel nome dello stesso mi immergo ora nell’abisso.

Caronte
Taci, arciere senza più dardi. Perché abbai? In silenzio voglio menarvi all’altra riva, da cui nessuno più fa ritorno.

Romeo
Poiché insopportabile era il giorno, mi sono addentrato ora nella più oscura delle notti. Ho rinunciato al mio nome e raggiunto il più lontano dei mari, cos’altro devo fare per poter tornare a respirare grazie a un suo bacio?

[Da un angolo della barca emerge tra le ombre Paride]

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Lettere per vincere la morte

Aurora Costa, in questo suo lavoro, immagina che nella casa di Stratford in cui William Shakespeare ha trascorso gli ultimi anni di vita giunga per corrispondenza un carteggio contenente le epistole che il noto drammaturgo aveva inviato al giovane conte di Pembroke; realizzato nell’ottica del corso di Letterature comparate, Le forme del sonetto: da Petrarca a Shakespeare (Prof.ssa Chiara Lombardi).

“In questa riscrittura cerco di presentare in una versione inedita della discussa relazione tra William Shakespeare e il suo Fair Youth, sposando la teoria che identificherebbe quest’ultimo con il conte di Pembroke”.

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Nella primavera dell’anno 1617, mia madre Anne contrasse una forma lieve di polmonite; nulla di preoccupante ma, poiché mia sorella Susan si trovava proprio in quel periodo con i bambini in visita dai suoceri, si rese necessaria una mia permanenza presso di lei nella casa di Stratford; vi giunsi all’inizio di marzo e, su consiglio del medico, vi restai fin quasi alla fine di maggio – quando si fu del tutto ristabilita. Serbo un piacevole ricordo di quelle settimane, che furono per me come un ritorno alla gioventù prima che Hamnet morisse, quando la vita non era per noi bambini più che il fugace intermezzo tra un gioco e l’altro: ora, solo un poco più silenziosa, la casa non era diversa da quella che ci aveva visto crescere, adempiere diligentemente ai nostri studi, diventare adulti; seppellire un fratello.

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“Caro amico, “S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento?”

Carola mauri, in questa composizione, propone la riscrittura di due sonetti di Francesco Petrarca inseriti all’interno di una lettera indirizzata a un amico del poeta, nell’ottica del corso di Letterature comparate, Le forme del sonetto, le forme del tragico: da Petrarca a Shakespeare (Prof.ssa Chiara Lombardi).

“S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento?”. Mi chiedo, infatti, cosa sia questo sentimento che mi pervade se non è amore. Sento un fuoco che mi brucia dentro, una passione che mi spinge verso qualcuno, ma non so se posso chiamarlo davvero amore. E se non è amore, cos’altro potrebbe essere?”

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Caro amico,

ti scrivo questa lettera con il cuore carico di emozioni complesse e pensieri intricati. Non so se chiamare tutto questo amore, o una strana mescolanza di sentimenti, ma mi sento come se stessi camminando su un terreno incerto. Ho bisogno del tuo consiglio e del tuo aiuto per capire cosa mi sta accadendo, perché solo un amico di grande saggezza e comprensione come te può guidarmi attraverso questa nebbia emotiva.

C’è una domanda che mi perseguita: se non è amore quello che sento, allora cos’è? È come se fossi avvolto in una fitta nebbia di dubbi, e non riesco a distinguere con chiarezza il sentimento che mi tiene prigioniero. La sensazione che provo è intensa e, in alcuni momenti, mi appare quasi divina. Ma in altri momenti, mi sento sconfitto, come se stessi cadendo in un abisso senza fondo.

Mi trovo spesso a fare congetture sulla natura dell’amore. È un dono che ci eleva al di sopra della nostra esistenza quotidiana, oppure è una forza distruttiva che ci rende schiavi del desiderio e della sofferenza? Talvolta mi sembra di vivere in un sogno pieno di dolcezza, mentre altre volte mi sento come se fossi in preda a un incubo che non riesco a svegliare. Vorrei sapere da te, che hai sempre avuto una visione più chiara del mondo, se queste sensazioni sono normali.

Il mio cuore è diviso tra l’esaltazione e il dolore, tra la speranza e la disperazione. La persona che ha scatenato tutto questo in me appare come un angelo di luce e, allo stesso tempo, come una fonte di tormento. Mi chiedo se sto idealizzando qualcosa che non esiste, o se questo è davvero l’amore nella sua forma più pura e cruda. Come faccio a sapere se sono sulla strada giusta o se sto solo seguendo un’illusione?

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