Citato in
Potassio, SP, I: 899-900Passo
Risalivo svogliatamente via Valperga Caluso, mentre dal Valentino giungevano e mi sorpassavano folate di nebbia gelida; era ormai notte, e la luce dei lampioni, mascherati di violetto per l’oscuramento, non riusciva a prevalere sulla foschia e sulle tenebre. I passanti erano rari e frettolosi: ed ecco, uno fra questi attirò la mia attenzione. Procedeva nella mia direzione con passo lungo e lento, portava un lungo cappotto nero ed era a capo scoperto, e camminava un po’ curvo, ed assomigliava all’Assistente, era l’Assistente. Lo sorpassai, incerto sul da farsi; poi mi feci coraggio, tornai indietro, ed ancora una volta non osai interpellarlo.
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Potassio è tra i più famosi e citati racconti che compongono il Sistema periodico. È la cronaca degli anni dell’apprendistato chimico di Levi, in particolare all’indomani dell’avvento delle leggi razziali promosse dal regime fascista: il giovane studente di chimica, ebreo suo malgrado, non riesce a trovare nessun professore tramite cui poter davvero imparare qualcosa, fare gli esperimenti giusti, cimentarsi in compiti difficili per apprendere quanto più possibile durante un periodo tanto ricco di ispirazioni. Fuori dalle mura dell’Istituto di chimica, per parafrasare una definizione sempre dal Sistema periodico, la situazione era buia, ma ancor di più lo era in Europa: era il 1941 e la deportazione nazista aveva già preso inizio. Il quadro politico era raccapricciante: lo strapotere della Germania andava crescendo sempre di più, nella speranza di poter conquistare sempre più territori, a partire dalla Polonia. Gli ebrei italiani, nella fattispecie e quelli torinesi, erano però vittime di quella che Levi definisce “cecità volontaria”: continuavano a condurre le proprie esistenze regolarmente, non volevano essere vittime di preoccupazioni ingestibili, di cui nemmeno lontanamente avrebbero immaginato le conseguenze, e continuavano a vivere la propria vita senza curarsi di cosa succedeva in Europa. C’erano fonti che lo affermavano, certo, ma mancava il desiderio di conoscerle davvero, e di organizzarsi di conseguenza; mancava addirittura il desiderio di opporsi ad un regime tanto stretto quanto quello fascista, nonostante impedisse agli ebrei di vivere davvero al pari degli altri.
Anche il giovane Levi: completamente (e volutamente) ignaro delle possibili conseguenze che verso cui il suo destino lo avrebbe condotto, Levi era preoccupato di trovare un buon lavoro che gli permettesse di guadagnare abbastanza per condurre una vita agiata, esattamente come giustificavano ai suoi occhi i modelli della piccola borghesia torinese, tra cui in particolare i suoi genitori. Per farlo, sapeva bene che doveva diventare un tecnico bravo e capace, e che quindi si sarebbe dovuto laureare con un’ottima votazione all’università. Suo malgrado, a causa delle leggi razziali nessun professore era intenzionato a prenderlo come proprio tesista. Ci sarebbe dunque stato il suo maestro?
Proprio l’Assistente (al secolo Nicolò Dallaporta): specializzato in astrofisica, “il regno dell’inconoscibile” come lo chiamava, iniziò Levi ad una disciplina quasi esoterica, di cui soltanto pochi adepti potevano intendersi davvero. Volevo aggiungere infatti alla realtà ultima che tutte le cose, che era però di per sé inconoscibile, e soltanto i calcoli della fisica avrebbero forse, un giorno, potuto trovare una strada per raggiungerlo.
Ciononostante, Levi non era interessato a questo tipo di verità in afferrabile: preferiva già all’epoca la chimica, che gli offriva il tatto pratico con il mondo circostante, oltre ai paradigmi della materia e delle sue infinite combinazioni. Tuttavia, resto il necessario con l’Assistente poiché questi gli concesse di diventare suo allievo, suo iniziato: in una sessione privata di approfondimento, guida Levi nell’esperimento che viene compromesso proprio dal potassio. Nell’esperimento sbagliato, infatti, l’Assistente vede una prova della superiorità della fisica sulla chimica, mentre Levi vi legge l’importanza del più piccolo dettaglio differenziale, causa del naufragio delle sue previsioni nel suo approccio diretto con la materia.
L’Assistente, come succederà anche nel suo ritorno nei Sommersi e i salvati (La vergogna, SES, II: 1195 sg.), ricopre in un certo senso l’autorità che deve essere superata per arrivare alla piena maturazione: è quella presenza che il giovane Levi vede come proprio modello e punto di riferimento, ma da cui sente di doversi distaccare per essere davvero se stesso, per intraprendere il proprio cammino e conoscere gli strumenti per sviluppare una propria opinione sui fatti.