Cecità

Una recensione di Anna Lanfranconi dello spettacolo “Cecità” debuttato al Teatro Astra di Torino, il 24 novembre 2023

Quanta importanza diamo alla nostra vista?

Quanta importanza diamo alla nostra vista? Vedere è naturale come respirare, ma cosa accadrebbe se un giorno diventassimo tutti ciechi? Questo si chiede lo scrittore e premio Nobel per la Letteratura José Saramago nel suo libro Cecità. In un mondo colpito da un’improvvisa e inspiegabile epidemia che fa perdere la vista, la società crolla e l’uomo deve reimparare a vivere e a relazionarsi con gli altri.

Virginio Siene trae liberamente ispirazione da questo libro nel suo omonimo spettacolo Cecità, debuttato al Teatro Astra di Torino il 24 novembre 2023. Lo spettacolo non vuole soltanto rappresentarne la storia, ma dare una sua lettura di un mondo improvvisamente cieco, secondo il concetto per cui “non si vede solo con gli occhi”.

Lo spettacolo inizia dietro un telo di proscenio, che crea perfettamente l’idea di cecità descritta da Saramago: bianca e sfocata. Dietro questo telo si alternano ombre imprecisate di varie parti del corpo e oggetti che come appaiono sfuggono subito allo sguardo, senza darti la possibilità di osservarle bene. Interessante come alcuni degli oggetti, come il tavolo o le forbici, siano chiari riferimenti al testo.
Nel secondo atto il telo si alza, anche se ne rimane un altro velato, e compaiono i nostri protagonisti: sei ballerini che si muovono in uno spazio completamente bianco, il pavimento cosparso di stracci a simboleggiare forse il decadimento di una società caduta o anche i corpi di chi non è riuscito ad adattarsi a questa nuova condizione. I personaggi sono mezzi nudi, vagano senza meta per poi ad un certo punto buttarsi a terra e rotolare, si cercano tra loro e si sfuggono: non sono lontani dal sembrare animali.
Nella terza e ultima parte, infatti, gli esseri umani non ci sono più: la scena è dominata da un peculiare arlecchino in bianco che, armato di un lungo bastone, toccando con questo i muri, fa risuonare nell’aria vibrazioni e suoni “spettrali”. È circondato da altrettanto strane figure, mezzo-umane e mezzo-animali, tanto che lo spettacolo finisce con un “cervo” che balla da solo mentre la luce pian piano si spegne.
Si tratta sicuramente di uno spettacolo di difficile interpretazione, anche cercando d’informarsi prima di andare a vederlo. Non ci si può infatti presentare con l’idea di trovare un rapporto diretto con il romanzo, dire che Sieni ne abbia fatto una libera interpretazione è forse già sbagliato in quanto i riferimenti sono quasi nulli. Gli unici elementi che possono rimandare al libro sono il titolo, il concetto di fondo e la cecità legata al colore bianco, oltre ad alcuni degli oggetti del primo atto.
Leggere la locandina può sicuramente aiutare a riconoscere i concetti chiave di quello che Sieni intende esprimere: un ritorno alla nostra parte selvaggia e animale e una rinnovata attenzione e affinità alle vibrazioni del mondo. Si può dire un nuovo modo di sopravvivere e comunicare partendo innanzitutto dal corpo, capace sia di atti di gentilezza che di violenza, come dimostra la coreografia in cui i ballerini si abbracciano, si cercano per poi bruscamente respingersi, così come lo dimostrano le apparizioni degli animali e dell’arlecchino con il bastone.

Ci sono però, in mia opinione, molti momenti e scene nei quali l’interpretazione è particolarmente difficile: mi riferisco soprattutto al finale dove il “cervo” balla solo in mezzo al palco fino allo spegnimento delle luci. È una scena che fa sorgere molte domande che rimangono senza risposta: qual è l’importanza del cervo? La sua figura non è mai sembrata centrale per tutto lo spettacolo; che messaggio mi sta trasmettendo? È difficile dire se l’intento di Sieni sia un finale aperto perché a mio parere provoca solo confusione nello spettatore invece di rispecchiare il sentimento di carnalità e sopravvivenza che mi ha trasmesso fino ad ora.
Di difficile comprensione sono anche i cambi repentini tra gli atti: sebbene il primo e il secondo  sono ancora giustificati e ben collegati, iniziando con il passaggio degli oggetti dietro il telo che si alza mostrando i ballerini ciechi, la comparsa degli animali, seguita da quella dell’arlecchino bianco e infine quella del cervo cambia completamente il ritmo. Sembra che il filo che dovrebbe normalmente condurre lo spettatore si spezzi e gli atti si stacchino l’uno dall’altro confondendo e destabilizzando.
Si è trattato di una performance di impatto, per cui consiglio di armarsi di pazienza e di essere disposti ad aprire la mente e a vedere il mondo sotto una nuova prospettiva.

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