“Caro amico, “S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento?”

Carola mauri, in questa composizione, propone la riscrittura di due sonetti di Francesco Petrarca inseriti all’interno di una lettera indirizzata a un amico del poeta, nell’ottica del corso di Letterature comparate, Le forme del sonetto, le forme del tragico: da Petrarca a Shakespeare (Prof.ssa Chiara Lombardi).

“S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento?”. Mi chiedo, infatti, cosa sia questo sentimento che mi pervade se non è amore. Sento un fuoco che mi brucia dentro, una passione che mi spinge verso qualcuno, ma non so se posso chiamarlo davvero amore. E se non è amore, cos’altro potrebbe essere?”

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Caro amico,

ti scrivo questa lettera con il cuore carico di emozioni complesse e pensieri intricati. Non so se chiamare tutto questo amore, o una strana mescolanza di sentimenti, ma mi sento come se stessi camminando su un terreno incerto. Ho bisogno del tuo consiglio e del tuo aiuto per capire cosa mi sta accadendo, perché solo un amico di grande saggezza e comprensione come te può guidarmi attraverso questa nebbia emotiva.

C’è una domanda che mi perseguita: se non è amore quello che sento, allora cos’è? È come se fossi avvolto in una fitta nebbia di dubbi, e non riesco a distinguere con chiarezza il sentimento che mi tiene prigioniero. La sensazione che provo è intensa e, in alcuni momenti, mi appare quasi divina. Ma in altri momenti, mi sento sconfitto, come se stessi cadendo in un abisso senza fondo.

Mi trovo spesso a fare congetture sulla natura dell’amore. È un dono che ci eleva al di sopra della nostra esistenza quotidiana, oppure è una forza distruttiva che ci rende schiavi del desiderio e della sofferenza? Talvolta mi sembra di vivere in un sogno pieno di dolcezza, mentre altre volte mi sento come se fossi in preda a un incubo che non riesco a svegliare. Vorrei sapere da te, che hai sempre avuto una visione più chiara del mondo, se queste sensazioni sono normali.

Il mio cuore è diviso tra l’esaltazione e il dolore, tra la speranza e la disperazione. La persona che ha scatenato tutto questo in me appare come un angelo di luce e, allo stesso tempo, come una fonte di tormento. Mi chiedo se sto idealizzando qualcosa che non esiste, o se questo è davvero l’amore nella sua forma più pura e cruda. Come faccio a sapere se sono sulla strada giusta o se sto solo seguendo un’illusione?

Di recente, durante una delle molteplici notti che passo sveglio a tormentarmi, ho scritto un sonetto che, come spesso accade, riflette il mio tormento interiore. Esso racchiude in versi tutto il dissidio che ti ho descritto precedentemente. Permettimi di condividerlo con te, sperando che le mie parole possano trovare eco nel tuo cuore e magari aiutarmi a comprendere questo groviglio di emozioni.

S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento?
Ma s’egli è amor, perdio, che cosa et quale?
Se bona, onde l’effecto aspro mortale?
Se ria, onde sí dolce ogni tormento?

S’a mia voglia ardo, onde ’l pianto e lamento?
S’a mal mio grado, il lamentar che vale?
O viva morte, o dilectoso male,
come puoi tanto in me, s’io no ’l consento?

Et s’io ’l consento, a gran torto mi doglio.

Fra sí contrari vènti in frale barca
mi trovo in alto mar senza governo,

sí lieve di saver, d’error sí carca
ch’i’ medesmo non so quel ch’io mi voglio,
et tremo a mezza state, ardendo il verno.

Il sonetto si apre con una domanda fondamentale: “S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento?”. Mi chiedo, infatti, cosa sia questo sentimento che mi pervade se non è amore. Sento un fuoco che mi brucia dentro, una passione che mi spinge verso qualcuno, ma non so se posso chiamarlo davvero amore. E se non è amore, cos’altro potrebbe essere?

Non riesco a separarmi da questa sensazione, anche se mi lascia spesso confuso e smarrito. Non capisco se questo sentimento sia buono o cattivo, ma se è buono, allora perchè mi sento morire? E se invece è cattivo, perchè ogni sofferenza appare dolce ai miei occhi? 

Nelle ultime due terzine ho scelto di descrivere questo strazio attraverso una metafora. Spesso mi capita di ripensare al mese che passai da voi per il matrimonio di vostra figlia. Ripenso a quel quadro di tua moglie che avete appeso in soggiorno vicino alla finestra che dà sul cortile. Non sai quanto ami quel quadro e quanto, durante il mio soggiorno, mi fermavo ad ammirarlo, tanto che adesso lo ricordo nei minimi dettagli. Il modo in cui la nave viene sbattuta da una parte all’altra dai venti avversi e dalle onde, ora non può che ricordarmi il mio conflitto interiore, per questo motivo ho deciso di utilizzare questa immagine nelle ultime terzine di questo sonetto. Non pensavo che avrei mai potuto includerlo in una delle mie carte perchè di sovente dimentico lo stretto legame tra arte e poesia, ma è l’immagine che meglio descrive, in questo momento, i miei sentimenti. Io sono la barca in mezzo all’oceano. Una bellissima barca, forte e in grado di navigare distanze lunghissime. Il sentimento che provo invece viene descritto dalla potenza delle onde e dal vento che sbattono la barca in modo violento e io, per quanto ci provi, non riesco a controllarli. 

Quando non scrivo e riesco finalmente a dormire, il sonno è tormentato. Lei appare in tutti i miei sogni anche se ultimamente faccio sempre lo stesso. Per chiarire le mie idee, ho scritto un sonetto riguardante questo sogno; lo allego, sperando tu possa apprezzarlo e possa aiutarmi a dare qualche interpretazione in più alla mia visione.

Una candida cerva sopra l’erba
verde m’apparve, con duo corna d’oro,
fra due riviere, all’ombra d’un alloro,
levando ’l sole a la stagione acerba.

Era sua vista sí dolce superba,
ch’i’ lasciai per seguirla ogni lavoro:
come l’avaro che ’n cercar tesoro
con diletto l’affanno disacerba.

” Nessun mi tocchi – al bel collo d’intorno

scritto avea di diamanti et di topazi – :
libera farmi al mio Cesare parve “.

Et era ’l sol già vòlto al mezzo giorno,
gli occhi miei stanchi di mirar, non sazi,
quand’io caddi ne l’acqua, et ella sparve.

Vedo una cerva bianca in mezzo a un prato verde, ha due corna d’oro e il collo ornato di pietre preziose. Lei si trova tra due ruscelli all’ombra di una pianta di alloro. Io la ammiro e mi dimentico di qualunque cosa davanti alla sua visione. Ad un certo punto il sogno diventa movimentato e frenetico: io mi alzo e inizio ad inseguirla. Lei fugge via da me e urla ‘Che nessuno mi tocchi!’. O caro amico mio, quanto soavi suonano quelle parole! Io sono sicuro che Lei è il cervo! Le corna d’oro come i suoi capelli, il collo ornato e la sua intangibilità che mi sta conducendo alla follia. Così io, imperterrito la inseguo, fino a quando, vicinissimo a lei, cado in uno dei due torrenti e, come alzo il capo, la cerva sparisce. Questo mi appare in sogno tutte le notti. Io penso che rappresenti il tormento dell’impossibilità di averla, ma perchè la sogno con le sembianze di un cervo, e perchè lei sparisce quando io cado nel torrente? Ho anche pensato che la scomparsa possa raffigurare la sua morte, ma caro amico mio, io non posso pensare a una vita senza lei, che il mio cuore si fa stretto stretto nel petto.

So che tu, caro amico, hai sempre avuto una visione più lucida del mondo. Ti chiedo, quindi, di condividere con me la tua saggezza. Cosa ne pensi dell’amore? È una forza positiva che ci spinge verso il bene, o è una potenza oscura che ci trascina verso il caos? Come posso trovare equilibrio tra ciò che provo e ciò che so essere giusto?

Spero che le tue parole mi offrano un po’ di conforto e chiarezza. Forse ho solo bisogno di una prospettiva diversa, di qualcuno che mi aiuti a vedere oltre il velo della passione e a trovare un po’ di pace interiore. So che posso contare su di te, e per questo ti ringrazio in anticipo per il tuo tempo e la tua attenzione.

Mando i miei più cari saluti a Grazia, Antonella e a tutta la tua famiglia, sperando di potervi vedere presto. 

Con amicizia e gratitudine,

Francesco Petrarca.

Bibliografia:

  • Canzoniere, F. Petrarca – “S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento?”
  • Canzoniere, F. Petrarca – “Una candida cerva sopra l’erba”

Temi trattati:

  • Amore per Laura
  • Dolore
  • Piacere, gioia
  • Dissidio interiore
  • Rapporto tra arte e poesia

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