Michela Sasso, in questa sua composizione, riscrive in un’inedita prospettiva il mito di Apollo e Dafne, ambientandolo nella Francia della Restaurazione, nell’ottica del corso Scritture delle origini. I miti e la scienza, Letterature comparate B, mod. 1, prof.ssa Chiara Lombardi.
Descrizione sintetica della riscrittura:
Quella di Apollo e Dafne è una storia senza tempo: un amore inaspettato, non voluto, non corrisposto, a cui però nessuno dei due può sfuggire, perché quando Amore si mette all’opera non c’è dio, ninfa o mortale che possa sottrarsi al suo giogo. Ma se la stessa storia fosse stata raccontata in un altro contesto, in un altro tempo, in un altro luogo? Che cosa sarebbe stato diverso e che cosa, d’altra parte, sarebbe rimasto invariato? È da questi presupposti che nasce questa riscrittura. Ci troviamo nella Francia post-napoleonica: un giovane si innamora perdutamente di una bellissima fanciulla, e in cerca di conforto e sollievo, si ritrova a scrivere una serie di brevi lettere alla sorella. Un racconto epistolare che, nel suo piccolo, cerca di mostrare come gli antichi miti abbiano ancora molto da dirci su di noi, anche a distanza di secoli. Nella riscrittura gioca una parte decisamente importante il secondo movimento della Patetica di Beethoven (Sonata per pianoforte n. 8 in do minore, Op. 13, Grande Sonata Patetica, II movimento: Adagio cantabile).
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16 aprile 1818
Cara
sorella,
so che non ti ho scritto spesso negli ultimi tempi, e me ne dispiaccio. Potrei
dire che l’ho fatto per non disturbarti, ora che sei divenuta badessa e hai
molto più da fare di me, ma sarebbe una menzogna. La realtà è che mi manchi
immensamente, e credo che questa potrebbe essere considerata una sorta di
vendetta nei tuoi confronti per avermi privato della tua compagnia, ma
naturalmente tu sei superiore a queste meschinità. Chiedo il tuo perdono,
Diane, e ti prego di leggere questa lettera nonostante le mie mancanze verso di
te.
Ho appena visto David. So che non ti è mai piaciuto, parere che condivido, ma
dopo la battuta di caccia di oggi è venuto a farmi visita. Mi ha chiesto come
avessi trascorso la giornata: quando è venuto fuori l’argomento della battuta,
potrei averlo deriso per le sue scarse – per non dire nulle – capacità
venatorie, forse chiamandolo
patetico… lo ammetto, ho un po’ calcato la mano.
“Ti credi sempre il migliore, vero?” Era parecchio irritato, aveva tutte le
guance rosse, gli occhi ridotti a spilli. La cosa mi ha divertito più di quanto
avrebbe dovuto. “Perché non vieni al salotto di Madame Rivièry, domani
pomeriggio?”
“E a che scopo?” ho ribattuto subito dopo. Mi aveva già fatto questa proposta
diverse volte negli ultimi mesi, ma mi ero sempre rifiutato: la politica non mi
attira, lo sai bene.
“Per una volta ti dimostrerei che c’è qualcosa in cui io sono più bravo di te”.
“Sono sicuro che ti sbagli”.
“Allora vieni e dimostramelo”.
Se tu fossi stata qui me l’avresti certamente impedito, ma ho finito con
l’accettare.
Qualcosa nella risposta di David, però, mi ha fatto correre un brivido lungo la
schiena. Sembrava estremamente convinto di quel che diceva. Ho una brutta
sensazione, Diane. Sono molto preoccupato.
Spero di sbagliarmi.
20 aprile 1818
Cara sorella,
mi sento un uomo cambiato. Ho una grande notizia: sono innamorato. Sento il cuore che mi scoppia, mi sembra di prendere fuoco come un cumulo di fragili stoppie al solo pensiero del suo viso – mi viene da piangere, e non riesco a distinguere se è per la gioia di averla avuta dinanzi agli occhi o per il dolore di non poter correre subito da lei. Ma lascia che ti racconti tutto.
Sono andato al salotto. C’erano nobili, alti ufficiali, membri del parlamento: credo di aver intravisto un paio degli amici più stretti di Guizot. “Ultimamente”, mi ha detto David mentre prendevamo posto vicino ad alcuni suoi amici, “si parla solo delle modifiche alla Charte. Se vuoi evitarti brutte figure ascolta senza intervenire troppo”.
Se sperava di irritarmi con quel commento, si sbagliava: in effetti non avevo alcun desiderio di prendere parola. Non riesco a trovarli credibili, questi uomini che credono di poter cambiare il mondo, e tanto meno ho voglia di intromettermi nei loro discorsi. Che risultato hanno ottenuto i giacobini con la loro sanguinosa rivoluzione? A che cosa hanno portato quindici anni di Impero sotto la guida di Bonaparte? Un altro re, uguale a tutti gli altri, seduto sullo stesso trono.
Mi ero quasi convinto ad andarmene, quando una ragazza, che non esiterei a definire la più meravigliosa che abbia mai visto, ha preso posto al pianoforte in fondo alla sala e ha iniziato a suonare. Era una musica dolcissima – conoscevo la melodia, ma in quel momento non riuscivo a ricordarne il titolo: prima era un suono sottile come un torrente di montagna, poi placido come un fiume scintillante che scorre sereno tra i boschi; le sue dita inseguivano le note con grazia e naturalezza.
“Chi è?” ho chiesto a David non appena la ragazza ha smesso di suonare. La voce mi tremava in gola per l’emozione, non riuscivo a distogliere lo sguardo.
“La ragazza? È Daphnée, una delle figlie di Monsieur Rivièry”.
In quel momento si è voltata verso di noi… è stato solo un istante, ma ti assicuro che ho visto le stelle brillare nei suoi occhi.
Sono tornato a casa con un piano in mente e tutta l’intenzione di attuarlo: ogni giorno, farò recapitare per lei un mazzo di fiori in forma anonima, così che il mistero intorno al suo ammiratore segreto la incuriosisca. Alla prossima riunione del salotto mi presenterò a lei, recando l’ultimo mazzo di fiori con me a riprova della mia identità, e le chiederò l’onore di conoscerla.
25 aprile 1818
Cara
sorella,
sono perduto.
Ieri mi sono recato al salotto di Madame Rivièry. Appena la padrona di casa mi
ha visto ha subito capito chi ero e mi ha fatto entrare – quasi non riuscivo a
contenere l’emozione.
Poco dopo, però, il mio entusiasmo è stato bruscamente interrotto. “Daphnée
oggi non sarà presente al salotto” mi ha detto Madame Rivièry, subito dopo
avermi fatto accomodare nella sala principale. Cercando di nascondere la mia
delusione, allora, ho chiesto dove potessi trovarla, ma la signora mi ha
rivolto uno sguardo dispiaciuto. “Oggi non vuole vedere nessuno, è…
indisposta. Ma io e mio marito saremmo più che lieti di avervi con noi oggi
pomeriggio”.
Non ho potuto fare a meno di acconsentire, ma il tempo sembrava non passare
mai. Mi sono congedato non appena un’apparenza di cortesia me l’ha permesso.
Quando stavo per raggiungere la porta, però, l’ho vista di sfuggita in
corridoio. Non so che cosa mi sia preso: riuscivo solo a pensare che non potevo
lasciarmi sfuggire l’occasione di vederla, anche solo per qualche minuto, e
l’ho seguita.
Mi sono ritrovato su uno dei balconi. Mi ha detto di andarmene. Non mi ha
rivolto nemmeno uno sguardo.
Il tono gelido che ha usato… mi sono sentito morire. Sapeva chi ero, che ero
stato io a mandarle quei fiori, ma nonostante questo mi odiava – o forse per questo. Ho avuto la netta sensazione
che avesse deciso di non presenziare al salotto per evitarmi.
Ho provato a parlarle, ma mi ha nuovamente intimato di lasciare quella casa –
anzi, di non mettervi mai più piede. Non ho trovato in me la forza di replicare,
dubito che sarebbe servito a qualcosa. Siamo rimasti immobili, in silenzio, per
un tempo che mi è sembrato infinito.
Quando ho accennato ad avvicinarmi, lei di riflesso ha iniziato a stringere con
forza la ringhiera tra le mani – si stava facendo male, era evidente. Quelle
stesse mani che avevano suonato, solo una settimana prima, quella musica
meravigliosa… non potevo permettere che si ferisse a causa mia. Mio malgrado,
me ne sono andato.
Questa mattina ho chiesto di essere ricevuto dai Rivièry, e adesso sto
aspettando la carrozza che mi riporterà da Daphnée: spero di avere maggior
fortuna. Ti prego, Diane, rivolgi una preghiera al Signore: che faccia sì che
la fanciulla cessi di rifiutarmi.
1° maggio 1818
Cara
sorella,
mi sento così sciocco – anzi, sciocco non è la parola giusta. Ti spiegherò
presto che cosa intendo.
Dall’ultima volta in cui ti ho scritto, sono andato ogni giorno dai Rivièry, e
ogni giorno Daphnée è rimasta chiusa nella sua stanza, rifiutandosi di uscire.
Non vi è stato modo di convincerla a vedermi.
Due giorni fa, dopo che me n’ero andato, David è venuto a trovarmi. Ero in una
condizione miserabile.
“E io che speravo solo di imbarazzarti un po’ a causa della tua totale
inettitudine in fatto di politica… ma così è molto più divertente. Daphnée
Rivièry, davvero? Sai che ho sentito dire che vuole farsi monaca?”
All’inizio non gli ho creduto, ma ieri sono tornato ancora dai Rivièry e ho
chiesto spiegazioni, per assicurarmi che David stesse davvero mentendo come
pensavo. Il loro sguardo colpevole ha però confermato le sue parole. Ho provato
una sensazione di gelo in tutto il corpo.
Solo allora ho capito: la loro cortesia, la disponibilità… volevano che
convincessi la loro adorata bambina a non scegliere la vita monastica, così che
potessero averla vicina. Non ero che uno strumento nelle loro mani, che
speravano di poter sfruttare per i loro interessi. Per questo mi hanno illuso,
per questo hanno alimentato con la speranza il mio sterile amore.
Non ho mai avuto alcuna possibilità con Daphnée.
Per curiosità, ho voluto sapere in quale monastero avesse scelto di entrare.
Quando me l’hanno detto mi è quasi venuto da ridere: è il tuo, Diane. Presto
Daphnée sarà una tua novizia.
Alla fine ho ricordato il titolo del brano che stava suonando. Era la Patetica
di Beethoven, il secondo movimento.
Patetico, ecco come mi sento. Patetico.
Bibliografia
Ovidio, Metamorfosi,
libro I, tr. it. di P. Bernardini Marzolla, Einaudi, Torino, 2015
P. Mastrocola, L’amore prima di noi,
Einaudi, Torino, 2016
Mi è piaciuto il racconto..complimenti e continua a scrivere. .
bellissima interpretazione del mito di Apollo e Dafne, brava Michela!